Il valore naturalistico e paesaggistico della pineta di Avezzano, siamo certi di averlo a cuore?
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di Augusto Di Bastiano
Gli alberi a terra in pineta sono 47,la natura ha provveduto a farli cadere, piante morte che cadono un processo naturale ,un processo che lentamente sta facendo morire la pineta in particolar modo quella tra via E. Palanza. Via Silone via Via San Josemaria Escrivá, Via Di Vittorio, un progetto c’è ,ma bisogna crederci.
Il primo intervento fu fatto lo scorso anno alla pinetina (Via E.Palanza -via Di Giorgio) alberi caduti zero ,alberi piantumati 49 e una trentina sono vivi anche in assenza totale di cure, su una cinquantina di piante fu effettuata la spalcatura e l’eliminazione dei rami dei palchi inferiori delle piante ha raggiunto lo scopo di dare un assetto equilibrato alle singole chiome favorendo l’illuminazione del bosco.
L’area ( via E. Palanza. Via Silone via Via San Josemaria Escrivá, Via Di Vittorio )dove ci sono maggior numero di alberi vecchi e malandati necessita di un intervento massiccio con un intervento di messa a dimora di migliaia dì latifoglie autoctone che dovranno andare a sostituire nel tempo la pineta che sta morendo.
Un intervento necessario e non costoso, con chiusura dell’intera area nuovamente piantumata e manutenzione costante per alcuni anni.
Il CGC ha coinvolto in questo ambizioso progetto l’Istituto Serpieri il quale si è reso disponibile fin dall’anno passato a supportare l’amministrazione ,naturalmente coinvolgendo altri soggetti utili alla buona riuscita del salvataggio della pineta.
LO SCORSO ANNO :
2 comments
Caro Augusto, ritengo doveroso sul tema portare a conoscenza la relazione di presentazione di Antonello Dominici per conto del direttivo dell’Associazione Il Salviano del Convegno del 18 marzo 2005 – ore 9,00 – 13,30 – “SALA A.R.S.S.A” – Palazzo Torlonia, 91 – 67051 – Avezzano (AQ) dal titolo La Città del Terzo Millennio: la Riserva Naturale Monte Salviano un valore aggiunto per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio della Marsica Fucense.
Un resoconto nel 2005 dello stato dell’ambiente a 15 anni dalla proposta del Parco del Salviano, ora nel 2023 siamo a 30 anni e lascio a te ed ai lettori le dovute considerazioni. Grazie Sergio Rozzi.
UNA FORTE CONSAPEVOLEZZA:
LA PARTITA SI GIOCA DENTRO LE CITTÀ’
Quando quindici anni or sono mi accinsi, assieme a Sergio Rozzi e ad altri amici, pochissimi all’inizio, ad intraprendere l’avventura che avrebbe condotto alla istituzionalizzazione del Parco periurbano del Salviano (divenuto strada facendo, non senza qualche stravolgimento dell’iniziale proposta, l’attuale “Riserva Naturale Regionale guidata Monte Salviano”), una frase di un direttore di parco sudamericano (di cui ora non ricordo più il nome), riportata in uno scritto consegnato a Sergio, mi aveva particolarmente colpito ed illuminato. Il concetto espresso nella frase in parola era, più o meno, questo: “sogno un mondo dove non esistano più Parchi e Riserve”.
D’acchito l’espressione potrebbe apparire, e forse lo era nelle intenzioni, paradossale e provocatoria, ma in realtà essa aveva dietro di sé una concezione della natura e dell’ambiente che si opponeva alla visione dominante, quella secondo cui natura e ambiente, appunto, entrano nella considerazione comune come “residuo extraumano” da sfruttare senza freni e condizionamenti.
L’idea che l’ambiente vada conservato ricorrendo all’istituzione di Parchi e Riserve ha senso, infatti, solo in una visione del mondo in cui l’ambiente stesso è percepito come altro dall’uomo, come residuo, appunto. Sognare un mondo dove “la casa dell’uomo” venga conservata in modo “naturale”, senza sovrastrutture, significa ridiscutere alla radice il problema del ricambio organico tra l’uomo e la natura. Non posso qui sviluppare questa tesi, ma mi pare evidente che tutta la problematica legata al tema della sostenibilità dello sviluppo economico e sociale non faccia, in fondo, altro che rimettere al centro della riflessione proprio la questione del rapporto di reciprocità tra uomo e ambiente.
A quindici anni di distanza – ora 30! – tanti ricordi affollano la mente, degni di essere condivisi, soprattutto con le nuove generazioni, ma almeno un punto mi piace richiamare. A differenza di altre esperienze conservative il Parco del Salviano rivendicava per sé una sorta di primato: quello di porre il problema ambientale in un posto, allora (quindici anni fa), ritenuto quasi innaturale per un parco. Esso, infatti, non doveva essere istituito in montagna o in un ambiente ecologicamente rilevante, ma in un centro urbano, la città di Avezzano, un luogo dove la gente trascorre la maggior parte del proprio tempo. Di qui l’appellativo ‘periurbano’, un’esperienza quasi unica in Europa – allora di parchi peri urbani esisteva solo quello di Stoccolma. Insomma, la proposta del Salviano presupponeva una scommessa, quella di poter incidere positivamente sulla qualità della vita di tutti i giorni salvaguardando l’ambiente.
Una scommessa che va rilanciata.
Antonello Dominici x il Direttivo Associazione IL SALVIANO
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