Punto Pace Marsica

Il volto “pacifista” della gente

Nota inviataci dall’associazione Rindertimi,che ringraziamo per il contributo che dà per Inseguire la pace

Come sottrarsi alla morsa dei pifferai magici che dicono “guerra, alle armi, mostriamo la forza…” e di coloro che vogliono far passare Putin come l’alfiere della storia, padre della Russia, deciso e risoluto oppositore del corrotto Occidente guerrafondaio?

E’ vero che l’Occidente è in crisi d’identità. E’ vero che l’Europa non sa bene cosa significhi “essere Europa”. E’ vero che nella metà del mondo – che chiamiamo “progredita” – verità, giustizia, ragione, libertà, sono da tempo diventate parole senza radici… ma il putinismo non è certo la soluzione. Di fronte alle vittime uccise semplicemente perché cittadini, alle sofferenze causate, alle distruzioni prodotte, all’odio infinito innescato tra popoli “fratelli”, ogni argomento – anche il più geopolitico o geoeconomico – perde di senso. Non è ammissibile!

E tutti noi, qui, che sappiamo/possiamo fare oltreché sentirci sgomenti, impotenti, impoveriti?

Qual è il volto “pacifista” della gente comune, come noi siamo?

Più di trent’anni fa sembrava si fosse conclusa la stagione della “guerra fredda”. Eppure, la corsa agli armamenti è continuata, anzi è cresciuta a dismisura.

In questi giorni il Parlamento italiano è febbricitante nel volere un riarmo cospicuo – nella misura pari al 2% di PIL, cioè a circa 40 miliardi di euro – e lo si giustifica affermando che richieste simili erano in corso già dal 2006. Ed è questa una motivazione valida e pertinente?

Si è sempre affermato che la detenzione di armi è un deterrente.

Per chi e contro chi, se il pianeta è infuocato da ostilità e conflitti, non calmierati bensì indotti dagli arsenali ricolmi di ordigni bellici?

Guardiamo ancora la nostra Italia: le postazioni militari sono state ampliate e dotate di nuovi e micidiali strumenti di guerra, ivi ricompresi gli armamenti nucleari.

Tutto ciò lo si vorrebbe giustificare di fronte a un panorama mondiale assai variegato.

Eppure tutti sappiamo bene quanto pesino altri fattori, finanziari e culturali: l’industria delle armi (con tutto  l’indotto che ne segue) suscita nuove opportunità di lavoro e sviluppo commerciale; revivals culturali nel nostro Paese alimentano atteggiamenti ispirati a sentimenti di ostilità e contrapposizione, dai quali nascono la violenza e il ricorso alla guerra; conflitti etnici, odi razziali e rifiuti dell’”altro” in quanto diverso, indesiderato, ostile (cioè nemico) sono fattori che fanno leva sulle peggiori pulsioni latenti nell’uomo e concorrono ad alimentare lo spirito bellicista.

Le difficoltà quotidiane, la precarietà e i pesanti disagi che da anni occupano la vita di tanti individui e famiglie, rischiano di far dimenticare l’importanza di battaglie ideali come quelle per il disarmo e la non-violenza, pilastri basilari di una cultura e una prassi di “pacifisti”, secondo i valori dettati dalla Costituzione italiana.

Anche tra alcuni cristiani – che pure invocano la pace tra i popoli e le persone, nella fede e  nella speranza della forza della preghiera – pare tornare la nozione di “guerra giusta”, che sembrava oramai rifiutata e radicalmente negata.

Non sempre, non per tutti e per tutte le religioni la guerra resta abominevole.

La Bibbia ebraica non è un manuale di pacifismo! Quello che chiamiamo “Antico Testamento” è pieno di guerre, combattimenti, esecuzioni e massacri: attesta un Dio che, nella sua forza e nella sua ira, annienta il nemico, abbatte l’avversario…

Non è facile rintracciare il volto del Dio che crea e dona la vita nel linguaggio del popolo dell’Antico Testamento, imbevuto in un’atmosfera di continuo conflitto bellico.

Il Dio d’Israele è chiamato JHWH zeva’ot, solitamente tradotto come “Signore degli eserciti” (in forma attenuata “Dio delle schiere”, ma il significato non cambia).

Il latino ha preferito non tradurre quel costrutto e lo ha ripetuto come “Deus sabaot”, entrato anche nella liturgia della Messa (è il momento del “Sanctus”) ma con un significato e un’esplicitazione totalmente diversi: “Dio dell’universo”, cioè di TUTTI i viventi, ridando a quella parola la descrizione dell’essenza divina e di un ordine del mondo.

Non più un linguaggio antropomorfico (lingua degli uomini per descrivere Dio in base a uno stato storico, alle condizioni nelle quali l’umanità rivive nel tempo la situazione di Caino che uccide il fratello) bensì l’espressione di una verità che viene direttamente dal volto e dal messaggio di Gesù Cristo: perché lui è la rivelazione, l’esegesi, la manifestazione di Dio, non più affidato a parole umane ma all’esperienza, alla testimonianza di Gesù.

E’ pur vero che il racconto che ci giunge dai Vangeli è sempre interpretazione, ma è attestazione di una fede non più piegata dalle situazioni contingenti che l’uomo vive, nelle quali, a sua giustificazione e consolazione, usa e abusa del nome di Dio dispensando benedizioni per gli eserciti e per le (sue) guerre: il “Dio lo vuole” (delle crociate), il “Gott mit uns” (delle SS naziste) o l’ “in God we trust” (iscrittosui dollari americani) …

Il grido perentorio di Gesù rivolto a Pietro (mentre i soldati invadevano l’orto degli ulivi per catturarlo e ucciderlo) è: <<rinfodera la spada!>> Il ferro serve per arare, per lavorare la terra affinché dia da vivere a tutti, non per ricadere sopra un altro uomo. 

Il “ferro” è pars pro toto: sta ad indicare la spada, le armi, la guerra.

Ma per l’era che viviamo parole come DISARMO e NON-VIOLENZA sono un’emergenza di tutti, di tutti i terrestri; non soltanto per motivazioni etiche o evangeliche, ma per eminenti criteri di ordine razionale, fondati su considerazioni di realismo politico.

Resta decisivo il principio che 60 anni fa (in circostanze dai tratti simili a quelle attuali, ma capovolte) davanti alla crisi di Cuba, Giovanni XXIII scriveva nella “Pacem in terris: << è del tutto irragionevole (alienum a ratione = è una pazzia!) pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia…>>.

Per i pacifisti di oggi, il “NO” alla guerra (ogni guerra), concepito come un “imperativo della ragione”, è ancora valido, cogente, assoluto?

Inseguire la pace richiamando l’obiezione della coscienza ad ogni escalation militarista, cercare la non-violenza, il disarmo e il dialogo, è illusione, inganno del pensiero, utopia, fantasia… o è quanto di più realistico oggi si possa (e nella “questione Ucraina” si doveva da anni) fare?

Il volto pacifista della gente resta saldo: lo dimostrano le quasi 700.000 firme raccolte sull’appello intitolato “La guerra è una follia!” dal Coordinamento Nazionale organizzatore dell’edizione straordinaria della Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità contro la guerra in Ucraina, che si svolgerà DOMENICA 24 APRILE 2022, vigilia della Festa italiana della Liberazione.

Il “Punto Pace” si fa promotore di organizzare la partecipazione delle Istituzioni e del popolo della  Marsica all’evento.

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