Gaza, oltre l’indifferenza: la politica non può continuare a restare in silenzio
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La guerra deve finire, la politica non può continuare a restare in silenzio. Qualcuno deve muoversi

diWalter Veltroni| 24 maggio 2025
Credo sia la prima volta che accade, il silenzio del mondo davanti a una tragedia come quella di Gaza. Dovremmo preoccuparci anche di questo, della indifferenza di chi ha responsabilità politiche, sindacali, associative e non ha sentito, nel lungo tempo trascorso ormai dal 7 ottobre, il bisogno di convocare anche una sola volta centinaia di migliaia di persone per far sentire la voce dei non indifferenti perché finisca la guerra assurda che Netanyahu ha scatenato contro il popolo palestinese, non solo contro i terroristi di Hamas. Decine di migliaia di morti, migliaia di bambini assassinati, una situazione al limite della carestia. Cos’altro deve succedere perché in tutta Europa si muova qualcosa? La politica ormai parla solo in Parlamento e con i tweet, sembra aver dimenticato la presenza della coscienza delle persone e la forza della loro incontro. Non sarebbe difficile presentare una piattaforma ragionevole in cinque punti: la fine della guerra scatenata dal premier israeliano con l’obiettivo di annientare un popolo e occupare militarmente il territorio di Gaza; la condanna più severa nei confronti dell’orrore perpetrato dai terroristi di Hamas; il cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi, la ripresa, subito, della fornitura degli aiuti umanitari alla stremata popolazione di Gaza. A incorniciare strategicamente il tutto la prospettiva della coesistenza di due popoli e due Stati che è l’unica prospettiva possibile. Il mio amico Shimon Peres mi disse una volta: «Quanto sangue dovrà scorrere ancora prima che si capisca che la sola strada possibile è la convivenza?».
Le ultime notizie sulla guerra a Gaza, in diretta
Anche nell’Europa in fiamme del 1944 era assurdo pensare che quei popoli che si bombardavano reciprocamente un giorno avrebbero abolito le frontiere, usato una sola moneta, costituito un parlamento comune. Era il sogno degli europeisti, una delle tante utopie che sono divenute realtà. Siamo a tre quarti del cammino, per raggiungere gli Stati Uniti d’Europa.
Sì, ci vorranno due popoli e due stati, l’alternativa è la distruzione dell’uno o dell’altro. Ma questa prospettiva, unica e forte, ora teniamola come riferimento.
Oggi la drammatica urgenza è far cessare la guerra. I tempi peggiori della vicenda umana sono quelli in cui le vite umane smettono di essere una storia e diventano un numero, un puro numero. Così è nella contabilità quotidiana delle vittime di un conflitto assurdo, per larga parte motivato dalle volontà del premier israeliano di garantire la propria sopravvivenza politica e non, come sarebbe giusto e necessario, di evitare il ripetersi di orrori come quelli del 7 ottobre e di colpire la leadership di chi quella mattanza di poveri innocenti ha deciso e pianificato.