GIOVEDI’ SANTO
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di Gino Milano
Oggi iniziano i tre giorni “cruciali” della fede cristiana. Tutte le Chiese del mondo ripercorrono (e rivivono attraverso una molteplicità di segni) gli eventi ricapitolativi della vita di Gesù Cristo, e ne riscoprono il senso.
Il Giovedì santo richiama l’Eucarestia: il pane della storia, il pane del cammino esistenziale, il cibo dei pellegrini, dei viandanti, di chiunque accetti di mettersi in viaggio e di considerare la vita come un itinerario da compiere, di farne una storia, appunto: un capolavoro di umanità.
E di non farla da solo, a proprio ed esclusivo uso.
La CONDIVISIONE è un’operazione matematica sorprendente: comincia con la “divisione” (di ciò che si è e si ha) e arriva alla “moltiplicazione” (dei rapporti tra le persone, delle cose che si possiedono, del tempo, degli spazi…)
Gesù è stato un grande matematico: ha sottratto e ha aggiunto, ha diviso e ha moltiplicato, mostrandoci come la condivisione sia la vera “Intelligenza umana”, non artificiale.
Il Giovedì santo ci presenta uno strano DIO. Normalmente le divinità di ogni religione esigono che ci si prostri e ci si inginocchi davanti a loro. Gesù Cristo rivela un Dio in ginocchio davanti all’uomo, nella postura di servo, non di padrone. È qui la sua “Signoria”. Il Vangelo di Marco lo dice con estrema chiarezza: “Voi sapete che coloro che sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse, e i loro capi le opprimono. Fra voi però non è così (presente imperativo, non congiuntivo esortativo) ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore. E chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti”.
E’ straordinario come la Quaresima sia iniziata con un gesto di cenere posta sulla testa, e si concluda qui, oggi, con la lavanda dei piedi. Sì, occorre sempre partire dalla testa (il pensiero, la logica, la programmazione, la scienza…) ma poi bisogna arrivare a praticare realmente ogni ottima intenzione: il SERVIZIO agli altri – abbassarsi, levare la polvere, rigenerare la stanchezza di chi ci sta di fronte, pulendone le scorie… – è la storia di vita di ogni uomo e donna che, provando a sperimentare l’umanità cristiana, si fa seguace del suo Maestro e “Signore”.
A quella Tavola della cena di Gesù ci sono (ci siamo!) tutti: giovani con i loro sogni (come Giovanni), corrosi dal dubbio (come Tommaso), ambiziosi di potere (come i fratelli “boanerghès”), militanti irrequieti (come Simone, lo zelota), paurosi (come Pietro), passivi, attendisti, o traditori (come Giuda). Ci siamo tutti in quella cena, dove la parola ultima non è di allontanamento, di chiusura o di condanna: la parola ultima è AMORE. Rivolta a tutti, ma proprio a tutti: cristiani e non cristiani, credenti e non credenti.
Si canterà UBI CARITAS ET AMOR, DEUS IBI EST: dovunque vi sia amore, condivisione, accoglienza, servizio caritatevole, là c’è realmente Dio. Dovunque vi sia lo sguardo verso i poveri, i sofferenti, i dimenticati della storia… là c’è la presenza di un Dio che sta dalla parte dei poveri, dei sofferenti, dei dimenticati… Un Dio in ginocchio davanti a loro, in mezzo a loro.
Preghiera di Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme
Se gli uomini dicono di costruire la pace, Padre, mettila nei loro cuori,
perché imparino a diventare artigiani di pace,
a costruirla mentre si ostinano a demolire e demolire.
Sembra assurdo, ma vogliono demolire ancora, Signore.
Anche noi, come le nostre città, siamo ridotti in macerie.
Non c’è più niente da demolire, abbiamo sofferto troppo.
Hanno piani di sterminio e di un ennesimo trasferimento della popolazione.
La situazione è diventata insopportabile, nessun posto è sicuro.
Ci sentiamo abbandonati da tutti, ma in te abbiamo fiducia, Signore.
Donaci la forza di perseverare nel tuo amore.