NOTIZIE Terremoto della Marsica 1915

Una riflessione sul terremoto del 13 Gennaio 1915 del professor Mario Frigioni

Questa data ha segnato la storia della nostra terra, la Marsica, e ancora oggi, a distanza di cento e nove anni da quel mattino del 13 gennaio del 1915, ogni figlia o figlio di questa nostra terra, porta dentro di sé, il racconto di quei terribili giorni, tramandati oralmente dai Padri e dalle Madri ai loro figli e figlie.

E questi, divenuti adulti e diventati Padri e Madri, di quell’immane dramma, hanno trasmesso anche loro il ricordo ai loro figli.

Oggi la Marsica e le popolazioni Marsicane ritornano con il pensiero a quel fatidico giorno, quando la furia devastatrice della natura, cancellò quasi totalmente la nostra storia umana, urbanistica, artististica e antropologica. Dopo quel giorno un’altra Marsica e soprattutto, un altro popolo, rinacque dalle macerie, che seguitò a chiamarsi popolo Marso, ma che della Storia complessiva degli antichi Marsi aveva ben poco.

Già il prosciugamento, qualche decennio prima, del Lago Fucino, con l’arrivo di migliaia di uomini e donne da alcune regioni del Nord e del Centro Italia, aveva apportato cambiamenti negli usi e nei costumi delle popolazioni Marse, ma il terremoto, con i quasi Quarantamila Morti, cancellò quasi totalmente quel che restava della Storia dei Marsi.

Molto sommessamente, ma con profondo amore e rispetto, vorrei, insieme con Voi, ricordare alcune circostanze che si ebbero a seguito del terremoto.

Vorrei ricordare, innanzitutto, quei Giovani che scamparono al terremoto. Si comprenderà tra breve perché, pur ricordando anche il dolore delle Ragazze sopravvissute, mi soffermo sui Giovani, quelli che nel 1915 avevano dai 18 ai trenta anni.

Ricordiamo tutti che soltanto meno di quattro mesi dopo quel terribile mattino del 13 gennaio, esattamente il 24 maggio del 1915, l’Italia entra in guerra contro gli Imperi Centrali, Austria prima e Germania dopo.

Al dramma dei morti, delle distruzioni, quei Giovani Marsicani dovettero viverne un altro: la CHIAMATA alle Armi.

A nulla valse la visita, qualche giorno dopo l’evento, del re d’Italia, Vittorio Emanuele III, che pur si rese conto di quell’immane disastro.

Mi chiedo chi, allora, non avrebbe avvertito la NECESSITÀ’ di lasciare ad aiutare i pochi sopravvissuti, che avevano bisogno di tutto, l GIOVANI SCAMPATI ALLA MORTE.

Ebbene, né il Re, né il Governo nazionale, né la Gerarchia ecclesiastica, avvertì la NECESSITÀ DI LASCIARE NELLA MARSICA, I GIOVANI , PERCHÉ AIUTASSERO LA POPOLAZIONE PER LE LORO MILLE NECESSITÀ.

TUTTI QUESTI GIOVANI, IN ETÀ PER LA LEVA MILITARE, SI VIDERO RECAPITARE LA FAMOSA “CARTOLINA” E DOVETTERO PRESENTARSI AI LORO REGGIMENTI, PER LO PIÙ ALPINI, E DIVENTARONO SOLDATI.

La gran parte di questi NOSTRI RAGAZZI NON FECE PIÙ RITORNO A CASA DOPO IL 4 NOVEMBRE 1918.

I LORO NOMI SI LEGGONO NUMEROSI NEI MOMUMENTI AI CADUTI CHE OGNI COMUNE MARSICANO, COME GLI ALTRI COMUNI ITALIANI, ERESSE A RICORDO DEI LORO FIGLI CADUTI PER LA PATRIA.

A LORO ED AL LORO SACRIFICIO ELEVO IL.MIO RICORDO, MISTO DI PROFONDO DOLORE, NON SOLO PER LA LORO MORTE, MA ANCHE PER IL DISGUSTO PER LA INDIFFERENZA AL DOLORE DELL RE E DEL GOVERNO NAZIONALE ALLORA IN CARICA, CHE NON VOGLIO DEGNARE DI CITARE.

ONORE A VOI, GIOVANI EROI, FIGLI DELLA MARSICA.

Altro sacrificio voglio ricordare delle nostre popolazioni marsicane.

Alcuni anni dopo il terremoto, in quasi tutti i borghi fucensi, ma anche in quelli della Valle Roveto, furono costruite le BARACCHE BRESCIANE.

Bresciane perché costruite a Brescia.

Con esse si intese dare ricovero a quei derelitti, che non avevano più un tetto, ove ripararsi.

Queste baracche sono state la casa pet migliaia di persone per svariati decenni, molti, purtroppo. Ancora negli anni ottanta del passato secolo, esse assolvevano alla originaria funzione.

Esse, assolutamente prive di servizi igienici, avevano pareti sottilissime, che d’inverno, erano vere e proprie celle frigorifere, e d’estate, forni roventi.

In queste baracche sono nate, cresciute e vissute per decenni generazioni di Donne e Uomini, di Nonni e di Nonne.

In esse, su tavoli sgangherati e su sedie malferme, generazioni di Ragazze e Ragazzi, forti nel fisico, ma soprattutto FORTISSIMI NELL’ANIMO, hanno lottato contro il freddo ed il caldo, e su quei tavoli malfermi, hanno sofferto per mille indigenze senza mai lamentarsi, ma soprattutto hanno studiato, hanno scoperto le loro potenzialità e Molte e Molti di loro si sono DIPLOMATE/I E LAUREATE/I, contribuendo con molti loro coetanei, contadini, artigiani, muratori, manovali e tanti altri, a far risorgere dalle macerie la Marsica.

A tutti questi Ragazzi e Ragazze, che poi sono i Nonni o le Nonne, la Madre o il Padre di molti di noi, va il mio ricordo e la mia gratitudine. Ognuno di Noi a questi nostri GRANDI DEVE DIRE GRAZIE.

OGGI È IL MOMENTO DI FARLO, PERCIÒ FACCIAMOLO TUTTI IN CORO.

Saluto tutti con affetto

Mario Frigioni

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