Maestro,dove abiti

Il brano del Vangelo di domenica 13 novembre (cap. 21, versetti 5 – 19)

“Maestro, dove abiti?”
Stiamo arrivando alla fine della lettura del Vangelo di Luca, che ha accompagnato le settimane dell’anno che volge al termine.
Il brano di domenica 13 novembre (cap. 21, versetti 5 – 19) sembra quasi domandarci cosa le parole del Vangelo e della fede cristiana abbiano potuto dire alla nostra esistenza, alla storia che viviamo, al mondo nel quale siamo immersi, ai segni dei tempi che attraversiamo: ma anche sugli orizzonti della nostra vita, la fine del tempo, della storia, del mondo…
Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, dove si sarebbe consumato il suo tempo – del quale abbiamo voluto farci osservatori durante questo 2022 – ci ha mostrato vicende e circostanze che ritroviamo anche nel nostro cammino di vita, nei progetti con i quali costruiamo noi stessi, le città e il pianeta che abitiamo, senza smarrire la necessità di guardare a cosa c’è “dopo”, nel futuro di noi stessi, delle città e del pianeta, dell’universo cui apparteniamo: non è soltanto un’esigenza psicologica o spirituale; è la necessità di ritrovare e superare i margini della ragione.
Il tempo non ha un carattere ciclico e i secoli non girano in cerchio. La storia cammina, ha una traiettoria, progredisce. L’uomo della Bibbia crede che vada verso un termine ben definito, sotto la guida di Dio, aperta alla novità, all’inatteso, alla speranza.
Quel “giorno ultimo” rimane nascosto, un “velo” copre la fine della storia agli occhi umani.
Con un linguaggio escatologico – apocalittico la pagina del Vangelo propone un discorso sulle realtà ultime (è il significato della parola greca éschatos). Il termine “apocalisse”, invece, deriva da un altro verbo greco (apocaluptein) che significa “togliere il velo”.
In sostanza si tratta di ri-velazione.
Il Vangelo viene ritenuto “Parola di Dio” perché parla, rivela, svela il piano di Dio che si svolge nelle vicende storiche, nel mondo, nella vita degli uomini.
I tempi sono particolarmente drammatici e sembrano, con la loro brutalità, contraddire in modo schiacciante il disegno di Dio: scoramento, disillusione, scetticismo emergono dalle promesse di chi ci ha preceduto, nell’umanità e nella fede; la civiltà così come è stata costruita, secondo il progetto che abbiamo ereditato, non regge più anche alla luce delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecnologiche.
Il testo di Luca sembra scritto oggi, quando descrive alcune immagini tipiche dell’apocalittica (guerre, catastrofi naturali, epidemie, carestie, rivolte…) misurandole proprio sull’escatologia.
Pare addirittura evidenziare uno smarrimento diffuso che rischia di diventare un fuggi fuggi delle coscienze, una condizione regressiva e alienante della vita, ripetendo ciò che in altre epoche implicava una religione come “fuga dal mondo”, la costruzione di spazi sacri in cui rifugiarsi, saltando la storia per lasciarsi andare con la fantasia alla fine dei tempi.
Il Vangelo, invece, porta in sé un progetto di mondo secondo giustizia e fratellanza. La casa di Dio è “già” la casa degli uomini. La santità di Dio ha il suo tempio nell’uomo vivente.
Nessuna concessione alla curiosità del “quando” e del “come” sarà il giorno ultimo.
Più che informare su inutili date, Gesù intende preparare.
I cristiani devono affrontare questo “tempo intermedio” (e nessuno ne conosce la durata!) senza farsi ingannare da suggestioni, pronti a rendere testimonianza per la fede senza vergognarsi di Gesù Cristo davanti agli uomini. Perché il Vangelo non è il manuale della “fine del mondo” e l’al di là.
E’ un libro per costruttori di giustizia, fraternità, solidarietà, pace: realtà che anticipano << i cieli nuovi e la terra nuova che verranno >>.

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