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CRIMINI NAZISTI: GIUDICI AVEZZANO COMPETENTI SU RISARCIMENTO A EREDI DEPORTATO

di Gianpiero Giancarli

30 Luglio 2024 08:28

L’Aquila – Cronacahttps://abruzzoweb.it/

AVEZZANO – La Corte di Cassazione ha stabilito che sarà il Tribunale di Avezzano (L’Aquila)  e non quello del capoluogo di regione, a valutare se esistono le condizioni per il risarcimento agli eredi di un reduce di guerra marsicano   deportato in Germania  dal 1943 al 1945,  Pompeo Di Giovambattista. Da lì ne usci vivo visto che è scomparso nel 2005 ma gli eredi di questo valoroso soldato hanno  chiamato in causa la  Repubblica federale di Germania, poi uscita di scena nel giudizio,  davanti ai giudici di Avezzano.

Una controversia abbastanza rara e assai complessa che è finita in Cassazione su ricorso del Ministero delle Finanze dopo che una legge ha tirato fuori la Germania individuando il ministero come legittimato  passivo  nella controversia.

Presso il Ministero dell’economia e delle finanze, infatti,  è istituito il Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945.

Questi i fatti. Gli eredi Carmine Mario Di Giovambattista e Dilva Di Giovambattista hanno convenuto dinanzi al Tribunale di Avezzano la Repubblica Federale di Germania deducendo  che il loro padre dopo la resa dell’Italia agli angloamericani nel 1943,  fu preso prigioniero dall’esercito tedesco e deportato in Germania, dove rimase sino al maggio 1945.

Hanno concluso chiedendo la condanna dello Stato  tedesco  al risarcimento (da valutare)  dei danni patiti dal padre in conseguenza della cattura e della prigionia. La Repubblica Federale di Germania  si  è resa contumace  ma è intervenuto nel giudizio volontariamente il Ministero dell’Economia, osservando che la legge  29.6.2022 n. 79,  ha escluso la legittimazione passiva della  Germania per i danni conseguenti a “lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945”, attribuendola in sua vece al Ministero dell’Economia.

A  quel punto, secondo il ricorso del  Ministero, poiché unico soggetto passivamente legittimato era dunque l’Amministrazione delle finanze, il Tribunale  marsicano  doveva ritenersi incompetente per territorio, essendo competente il Tribunale de L’Aquila quale foro erariale visto che vi ha sede la Corte dei conti.

Ma  il Tribunale di Avezzano ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale, osservando che il foro erariale non trova applicazione quando la pubblica amministrazione intervenga volontariamente in causa.  Il Ministero delle finanze ha proposto istanza di regolamento di competenza in cassazione, per ottenere  la competenza del Tribunale de L’Aquila. Ma la suprema Corte ha respinto il ricorso con una ordinanza.

“Il ricorso è inammissibile”, dicono i giudici con una motivazione molto tecnica, “in quanto proposto avverso un provvedimento che non possiede i requisiti formali d’una decisione sulla competenza. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica il giudice unico, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione. Pertanto il provvedimento col quale il giudice provveda sull’eccezione di incompetenza rigettandola, ma senza avere previamente invitato le parti a precisare le conclusioni, non è una decisione sulla competenza, ma una ordinanza c.d. di accantonamento, con la quale il giudice sceglie di risolvere la questione di competenza unitamente al merito”.

“Resta solo da aggiungere che ai fini della qualificazione d’una ordinanza come decisione sulla competenza o come ordinanza di accantonamento ex art. 187 c.p.c. non rileva l’interno volere del Magistrato giudicante. Quand’anche, infatti, questi avesse in animo di decidere la questione di competenza, quel che rileva ai fini dell’impugnabilità è la forma del provvedimento adottato. E l’ordinanza riservata adottata senza previa precisazione delle conclusioni non è provvedimento idoneo a decidere in modo definitivo una questione di Corte di Cassazione, perché in nulla si distinguerebbe da qualunque altro provvedimento istruttorio. La necessità della previa precisazione delle conclusioni e dell’adozione delle forme prescritte per la decisione – anche parziale – della causa è dunque imposta dall’esigenza di tutelare l’affidamento delle parti litiganti, che altrimenti non potrebbero mai sapere con esatta certezza se un provvedimento sulla competenza che non chiuda il processo debba o meno essere impugnato con regolamento di competenza”.

Il ricorso è stato vinto dall’avvocato Annunziata Morgani del Foro di Avezzano.

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